Le 52 gallerie al Pasubio gruppo Base e Avanzato

Dettagli

Data
11-9-2022
Difficoltà
E: Escursionisti
Accompagnatori
  • Accompagnatori di Alpinismo Giovanile

Dopo tre anni di rinvii, siamo andati alla Strada delle 52 gallerie del Pasubio.

 

L’aspettativa era tanta per questa escursione in uno dei sacrari della Grande Guerra.
Qualche problema per organizzare l’uscita, primo intoppo i tempi forzati dell’autobus che doveva portarci fino a Ponte Verde.
Vista la distanza e le ore di guida dell’autista, con partenza alle 6, avremmo dovuto tassativamente chiudere l’escursione per le 15,30.
Arrivando in loco alle 8,45 avevamo a disposizione poco più di 7 ore e mezza per fare tutto il giro per poi scendere al Pian delle Fugazze. Per forza di cose dovevamo avvicinarci e trovare un passaggio fino a Bocchetta Campiglia con dei pulmini più piccoli. E’ stata un’impresa, la conferma l’abbiamo ricevuta poche ore prima della partenza e poi, abbiamo anche dovuto sbarcare a passo Xomo causa il troppo traffico di auto… Mezz’ora già persa in partenza.
Non ci siamo persi d’animo e il gruppo Avanzato che aveva il percorso più lungo, parte rapido sul ripido sentiero che evita la strada e porta all’imbocco delle 52 Gallerie, a seguire il Base che ci tallona.
Giunti alla Bocchetta Campiglia, pare di essere a Gardaland, parcheggi stracolmi di auto con la Protezione Civile che regola il traffico e un fiume di persone che imboccano l’imbuto della partenza.

La prima volta che ero venuto alle 52 Gallerie, i miei figli avevano meno di 10 anni, era una giornata piovosa e sul percorso poche persone oltre a noi.
Era stato un progredire silenzioso su di una montagna devastata dallo sforzo bellico dove i nostri soldati hanno scavato la roccia per poter creare un baluardo alla ferocia della guerra, donando genio, fatica, coraggio e le vite di troppi ragazzi poco più che ventenni.

Ora la processione di chi sale è folta e rumorosa, le gallerie costringono le persone molto spesso a una coda che continua a spezzettare la progressione in salita. Siamo tanti, diversi e, mantenere il passo regolare a cui siamo abituati, è impossibile.
Le cengie che portano verso l’alto sono aeree e stupende, le gallerie opere grandiose se pensiamo con quali mezzi sono state scavate, una grande strada che permetteva a due muli affiancati di percorrerla per portare armamenti, cibo e conforto a chi si trovava in prima linea.
Finalmente l’ultima galleria, la numero 52, superato il cancellino che impedisce il passaggio delle biciclette (per fortuna) sbuchiamo sulla sella dove si trova il Rifugio Papa.
La prima cosa che vediamo è l’inizio di una lunga fila di tavoli e panche, gremiti da persone che mangiano e bevono, che raggiunge il distante rifugio. Troviamo un posto libero seduti a terra sulla stradina che sale verso il cimitero di guerra e, finalmente, ci dedichiamo alle cibarie che abbiamo nello zaino.
Controllo i tempi, 3 ore e mezza invece che le 2 e mezza che avevamo previsto, sono un poco stupito ma anche preoccupato, dove sarà il Base? Se abbiamo fatto fatica noi, i piccoli?
Rinunciamo alla programmata salita al monte Palon, siamo fuori tempo massimo, non più tardi delle 14 dobbiamo iniziare la discesa. Passa il tempo, verifico dove parte il sentiero del rientro e i resto del gruppo non è ancora arrivato. Finalmente vediamo le prime magliette azzurre sbucare dalla galleria, tiro un sospiro di sollievo, arrivano i Nostri, è la testa del gruppo dei piccoli guidati da Patrizia e subito dopo la coda con Marzia. Bravi Ragazzi, perchè mi preoccupavo?.
Meritato spuntino e poi non ci resta che scendere.
Solo un quarto d’ora di ritardo all’autobus e via ora verso casa. Il traffico della domenica è fastidioso ma, ora siamo seduti comodi e non dobbiamo più affannarci a correre, per oggi siamo arrivati.

Penso che dovremo rivedere le destinazioni del nostro AG, credo che sia importante non solo correre per raggiungere una cima ma, vivere a pieno la nostra escursione… Tante cose ha la Montagna da raccontarci e se la fretta sempre ci rincorre, non potremo avere orecchie per sentire.

Alla prossima, Raffaele