Isola Palmaria

Dettagli

Data
30-7-2016
Durata
2 giorni
Difficoltà
E: Escursionisti
Accompagnatori
  • Raffaele Vezzola
  • Mara Venini

Week-end di fuoco al mare di Porto Venere.

Anche l'agognata uscita al mare è finalmente giunta. Uscita caldeggiata dai ragazzi che si è rivelata più impegnativa del previsto ed in parte inaspettata.
Le giovani speranze del CAI Vestone: Alpinismo giovanile e Ragazzi in Montagna riuniti su di un'unico autobus da 65 posti in rotta verso le spiagge di Porto Venere alla caccia di un'escursione al di fuori dei classici panorami del CAI.
Siamo in tanti, pertanto giunti a destinazione dobbiamo dividere i pernottamenti della truppa in due posti diversi, 50 letti li abbiamo all'ostello sulla terraferma, gli altri 15 su quello dell'isola Palmaria.
Sistemati i bagagli per la notte di coloro che dormiranno sul continente, ci imbarchiamo tutti su di un piccolo battello che attraversato lo stretto ci scarica all'attracco della Palmaria.
Siamo in Liguria, è fine Luglio, ci sono almeno 35 gradi all'ombra, le spiagge sono affollate di bagnanti e noi affardellati di zaini con gli scarponi ai piedi facciamo la gincana tra corpi bagnati che arrostiscono al sole. Ai ragazzi sudati non pare logica la cosa e iniziano a levarsi i primi mugugni strozzati. E' anche l'una passata e la fame si fa' sentire. Trovato un boschetto ci fermiamo all'ombra per addentare i nostri panini portati da casa. Sedata la fame i ragazzi si dimostrano più propensi a partire strappando a noi accompagnatori la promessa di in bagno in mare al più presto.
L' isola non è altro che una montagna che si erge nel mare, le coste sono scoscese e l'ostello, nostra prima tappa sorge proprio alla sommitá a più di 300 metri di quota. Coste scoscese = sentiero ripido = rocce = poca vegetazione = polvere e sole che "spacca", ma se vogliamo fare il bagno dobbiamo prima arrivare in vetta.
Finalmente dopo circa 1 ora e mezza giungiamo sotto le mura di una postazione militare dismessa che non era altro che una batteria di artiglieria attiva durante la seconda guerra mondiale a protezione del porto militare di La Spezia. Con piacere scopriamo che all'interno è stato attrezzato l'ostello.
Grande! A terra gli zaini per aggredire le fontanelle a reintegrare di acqua le borracce oramai vuote. Dagli zaini ora escono costumi da bagno, asciugamani e ciabatte, ma il problema è che la spiaggia é 300 metri più in basso e il sentiero non promette nulla di buono.
Avanti, in fondo si tratta di scendere che è meno faticoso che salire, prima o poi saremo in spiaggia. Premetto dicendo che non avevo fatto la consueta ricognizione del sentiero prima dell’uscita, pertanto è giustificato il fatto che dopo 30 minuti di cammino ci siamo accorti di essere sul sentiero sbagliato e costretti a ritornare sui nostri passi. I mugugni si alzano di tono… Comunque avanti, ora sul sentiero corretto che ripido ci porta alla spiaggia desiderata.  Il cordone umano degli accompagnatori in acqua a impedire che i ragazzi si allontanino verso le acque profonde cinta lo sfogare piacere dei ragazzi in mare. La spiaggia non è sabbiosa, non possiamo nuotare là dove non si tocca ma che bello sguazzare in acque fresche. Il bagnasciuga affollato di bagnanti giunti con le barche e battelli è molto bella ma rocciosa, gli scogli graffiano e inizia a scorrere un poco di sangue che ci costringe ad aprire l'infermeria per disinfettare e incerottare 8 o 10 feriti per fortuna lievi. Sazi di bagno, riposo e frescura, ci apprestiamo a risalire l'erto sentiero. Fatica, caldo ma alfine giungiamo al cortile del forte dove ci aspettano le tavole imbandite per la nostra cena.
Menu: maccheroni agli scampi, bavette al pesto, arista di maiale e patate al forno, focaccia salata, macedonia e, per chiudere crostata alla marmellata : “strabuono, straabbondante".
Quelli che dormono a Porto Venere devono però darsi una mossa, inizia a venire il buio, dobbiamo ancora riguadagnare il molo dove ci aspetta il battello. Siamo in ritardo, ci avevano preventivato una mezz'ora di cammino e invece ci mettiamo il doppio del tempo… Saranno le pance troppo piene.
Giunti all'ostello dove dovremmo dormire, ci aspetta una sgradita sorpresa, le chiavi che ci hanno consegnato il mattino non sono sufficienti ad aprire tutte le camere necessarie e non c'é nessun addetto che ci possa aiutare. Tutti alla ricerca delle chiavi mancanti perquisendo l’ostello, ma inviano. Troviamo un numero di telefono per le emergenze, chiamiamo più volte ma nessuno risponde. Proviamo anche gli altri numeri visibili su di un foglio appeso al muro compreso quello dei carabinieri ma nessuno ci può aiutare. Sconfitti cominciamo ad organizzarci: gli accompagnatori dormiranno sul pavimento e i ragazzi più piccoli due per letto "testa/piedi". Io con i ragazzi più grandi esco per un'attività già programma e, cercando un posto tranquillo, scegliamo la grotta di Bayron. Nel frattempo per fortuna ricevo la telefonata che ci risolve il problema dei letti, finalmente l'addetto si accorge delle chiamate e ci permette di avere le chiavi mancanti.
Dell'attività fatta con i ragazzi “grandi” preferisco non parlarne perché sarebbe troppo lungo e complicato, dico solo che abbiamo raggiunto brillantemente l'obiettivo che ci eravamo prefissi con soddisfazione ed entusiasmo.
Mi sto' dilungando troppo e cerco di accelerare un poco...
Il mattino della domenica i due gruppi si sono ricompattati in piazza per partire sul sentiero n.1 che è il primo tratto del sentiero delle 5 terre. Per non smentirci anche questa via parte ripida accanto alle mura del castello e non  molla mai fino ad arrivare allea falesia del Muzzerone. Sotto la volta di un taglio di cava, facciamo una sosta e ne approfittiamo per ripassare un poco di nodi e i "grandi" simulano un recupero con la corda. Lo spettacolo sul mare è grandioso, la scogliera cade per circa 400 metri a picco su di un mare blu solcato da decine di barche e motoscafi.
Il sentiero é lungo e Campiglia pare irraggiungibile. Il gruppo si spezza in più parti e la “coda" raccoglie i più in difficoltà.
Raggiungiamo infine tutti il paese, ci rifocilliamo per poi discendere fino a La Spezia dove ci attende l'autobus.
Chiudiamo il giro con gli ultimi brontolii, stavolta sono quelli dell'autista che ha dovuto aspettarci per più di un’ora e mezza oltre l'orario convenuto.
Stanchi ma finalmente seduti comodi siamo ripartiti per tornare a casa. Sull'autobus ancora un “chicca": Elisa e Luca hanno scritto in rima il testo di una canzone (che vi allego), sulla musica di "quel mazzolin di fiori”.  Le parole raccontano del nostro Alpinismo Giovanile e tutti quanti lo abbiamo cantato in coro. Diventerà il nostro inno.
Sosta in un parcheggio con tavoli per la merenda (evitando i famigerati autogrill mangiasoldi) per dare fondo ai viveri che ci eravamo portati appresso.
Giungiamo infine a Vestone con soli 30 minuti di ritardo.
Gita faticosa, il caldo ci ha fiaccato e alcuni ragazzi hanno fatto fatica.
Cito alcune frasi che hanno dato colore alla nostra impresa: mi fa male tutto meno la punta del naso, ora mi siedo e non mi rialzo piú, io non vengo più con il CAI; senza contare i classici: manca molto? Ho sete? Quando mangiamo?
Abbiamo avuto alcuni feriti (lievi per fortuna), una storta e un paio di mal di pancia ma tutti siamo rientrati alla base sani e salvi e l'urlo liberatorio gridato all'arrivo a Vestone ha dimostrato che di energia ne avevamo ancora molta.
Reduci, sfatti, ma gli occhi ancora brillano.
Sono molto orgoglioso dei nostri ragazzi del CAI Vestone.
Un ringraziamento a tutti i volontari sempre attenti e pazienti: Mara e Claudio responsabili del gruppo Ragazzi in Montagna e tutti gli altri: Graziella, Elena, Silvia, Monica, Adriano la nostra “testa” di oggi, Salvatore, Sergio e Franco, senza di loro nulla ci sarebbe.
Chiudo che un messaggio ricevuto da un paio di genitori dei nostri ragazzi:
<<Buongiorno!! Quanti racconti ieri sera....non riuscivamo più a 'spegnerli' 😀😀 Grazie ancora di tutto.
Speriamo sia stato piacevole anche per te e per tutti gli accompagnatori! >>